Nel sistema tributario italiano, le somme accreditate sui conti correnti personali possono essere oggetto di verifica da parte dell’Amministrazione finanziaria. Tra queste, rientrano anche i bonifici ricevuti da familiari, che – in assenza di documentazione idonea – possono essere erroneamente considerati reddito imponibile non dichiarato.
Tuttavia, l’ordinamento e la giurisprudenza di legittimità hanno chiarito in più occasioni che non tutte le movimentazioni bancarie costituiscono reddito, e che il contribuente ha pieno diritto di dimostrare l’estraneità delle somme a fatti imponibili.
In questo approfondimento analizziamo il quadro normativo di riferimento, i limiti delle indagini finanziarie, e le più recenti pronunce della giustizia tributaria in materia di bonifici da parenti.
Bonifici da familiari e indagini finanziarie: il contesto normativo
Le indagini finanziarie costituiscono uno degli strumenti più efficaci di cui dispone l’Agenzia delle Entrate per contrastare l’evasione fiscale. Regolate dall’articolo 32 del DPR n. 600/1973 (per le imposte dirette) e dall’articolo 51 del DPR n. 633/1972 (per l’IVA), consentono agli uffici di acquisire informazioni relative a rapporti bancari e movimenti di denaro intestati o riconducibili al contribuente.
Tali operazioni si fondano su una presunzione legale relativa, in base alla quale:
- i versamenti effettuati sui conti correnti si presumono ricavi o compensi
- gli accrediti sono considerati redditi imponibili, salvo prova contraria fornita dal contribuente.
La presunzione può essere superata solo mediante documentazione analitica che dimostri la natura non reddituale delle somme. A tal fine, la Circolare n. 32/E del 2006 dell’Agenzia delle Entrate precisa che ogni accredito sospetto deve essere giustificato con riferimento a origine, causale e finalità dell’operazione.
I bonifici dai parenti non costituiscono automaticamente reddito
Tra le operazioni che, se adeguatamente documentate, non producono effetti impositivi rientrano i bonifici tra familiari, spesso effettuati per ragioni di supporto economico, prestiti senza interessi o donazioni non formalizzate.
Secondo un principio ormai consolidato, la provenienza familiare di una somma non basta di per sé a far scattare la tassazione. È però necessario che il contribuente:
- tracci la provenienza del denaro
- giustifichi l’operazione con documenti coerenti (scritture private, causali chiare, documentazione reddituale del donante o prestatore)
- sia in grado di dimostrare l’assenza di contropartita economica.
In assenza di tali elementi, l’Amministrazione può presumere la natura reddituale delle somme, con conseguenti accertamenti e sanzioni.
Il principio confermato dalla giurisprudenza: la sentenza della Corte tributaria della Puglia
Un recente e rilevante precedente è costituito dalla sentenza n. 4378/2024 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia. Il caso riguardava un socio unico che aveva ricevuto bonifici su conti personali, successivamente utilizzati per effettuare versamenti nella società partecipata.
L’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto che tali somme costituissero utili extracontabili non dichiarati. Tuttavia, il contribuente aveva fornito prova documentale della tracciabilità e della provenienza delle somme: alcuni versamenti provenivano dai suoi conti personali, altri da conti intestati alla madre (pensionata) e alla sorella (dipendente pubblica), entrambe titolari di redditi tracciabili e soggetti a ritenuta.
La Corte ha riconosciuto che tali operazioni rientravano in un contesto di solidarietà familiare, volto a sostenere l’attività d’impresa e privo di finalità elusive. In particolare, è stato ribadito che non è sufficiente l’accredito bancario per fondare un’accusa di evasione: l’Amministrazione deve dimostrare, in modo circostanziato, la natura reddituale delle somme.
Il ruolo della tracciabilità e della documentazione
Dalla prassi e dalla giurisprudenza emerge un principio chiaro: la tracciabilità dell’operazione è elemento centrale per superare la presunzione di imponibilità.
Ecco cosa è consigliabile fare in caso di bonifici da parenti:
- utilizzare causali dettagliate, come “donazione liberale”, “prestito infruttifero” o “sostegno familiare”
- redigere una scrittura privata in caso di importi significativi, firmata da entrambe le parti
- conservare documentazione reddituale del familiare (es. CUD, estratti conto, attestazioni INPS)
- mantenere coerenza tra importi ricevuti e situazione economica del donante/prestatore
In caso di accertamento, sarà il contribuente a dover dimostrare, con elementi oggettivi, che l’operazione non ha natura reddituale.
Non ogni versamento è reddito: la posizione della Cassazione
La giurisprudenza della Corte di Cassazione è da tempo orientata nel senso di escludere automatismi nella presunzione di reddito da versamento bancario. Tra le decisioni più rilevanti:
- ordinanza n. 11633/2021: “non è sufficiente il solo dato dell’accredito bancario per presumere l’esistenza di un reddito imponibile”
- ordinanza n. 397/2019: un bonifico del suocero è stato ritenuto non imponibile in quanto giustificato da documentazione tracciabile e coerente con la natura di sostegno familiare.
Conclusioni
I bonifici tra familiari, se correttamente tracciati e documentati, non costituiscono automaticamente reddito imponibile. La normativa consente al contribuente di fornire prova della natura non reddituale delle somme ricevute, come confermato anche dalla giurisprudenza più recente.
Causali chiare, scritture private e coerenza con la situazione patrimoniale del donante sono elementi fondamentali per prevenire o superare eventuali accertamenti.
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