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Residenza fiscale e smart working

Con l’espansione dello smart working, la residenza fiscale è diventata un tema cruciale per lavoratori e aziende. La Circolare n. 20/E del 4 novembre 2024 dell’Agenzia delle Entrate chiarisce i nuovi criteri, introdotti dal decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209, per determinare la residenza fiscale delle persone fisiche. Queste modifiche mirano a rendere la normativa italiana più coerente con la mobilità internazionale e con le convenzioni contro le doppie imposizioni, adattandola ai nuovi modelli lavorativi, incluso il lavoro agile.

Argomenti del post

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  • Nuova definizione di residenza fiscale e smart working in Italia
  • Implicazioni per i lavoratori in smart working dall’Italia
  • Implicazioni per i lavoratori in smart working all’estero
  • Decorrenza delle nuove norme
  • Conclusioni

Nuova definizione di residenza fiscale e smart working in Italia

Il decreto legislativo ha ridefinito l’articolo 2, comma 2, del TUIR, stabilendo che una persona è fiscalmente residente in Italia se, per la maggior parte del periodo d’imposta:

  • ha residenza o domicilio in Italia
  • è fisicamente presente in Italia, anche per frazioni di giorno
  • è iscritta nell’anagrafe della popolazione residente (presunzione relativa che può essere contestata).

Un aspetto fondamentale della nuova normativa è l’autonomia del criterio della presenza fisica. Rimanere in Italia per almeno 183 giorni (o 184 in un anno bisestile) è sufficiente per determinare la residenza fiscale, indipendentemente dalle motivazioni della permanenza, come lavoro, studio o vacanza.

Il domicilio è stato ridefinito, ponendo maggiore attenzione alle relazioni personali e familiari, piuttosto che a quelle economiche. Questo approccio aiuta a stabilire la residenza fiscale in base a elementi stabili della vita del contribuente, riducendo il rischio di contenziosi. L’iscrizione anagrafica resta un criterio rilevante, ma assume un valore ridotto: è considerata una presunzione relativa che può essere confutata con prove oggettive.

Implicazioni per i lavoratori in smart working dall’Italia

Per i lavoratori che operano in smart working dall’Italia per datori di lavoro stranieri, la permanenza oltre i 183 giorni attiva la residenza fiscale italiana. In questo caso, il lavoratore sarà obbligato a dichiarare in Italia tutti i redditi prodotti, ovunque generati, salvo eventuali disposizioni contrarie previste dalle convenzioni internazionali contro la doppia imposizione.

Implicazioni per i lavoratori in smart working all’estero

I lavoratori italiani che operano da un paese estero potrebbero mantenere la residenza fiscale in Italia se soddisfano almeno uno dei seguenti criteri: iscrizione all’anagrafe della popolazione residente, mantenimento del domicilio o della residenza in Italia, oppure se il centro delle loro relazioni personali e familiari rimane in Italia.

Questo implica che, anche lavorando all’estero, un lavoratore potrebbe essere tenuto a dichiarare i propri redditi in Italia, a seconda della situazione personale e degli accordi contro la doppia imposizione tra l’Italia e il paese estero.

Decorrenza delle nuove norme

Le nuove disposizioni sulla residenza fiscale si applicano dal 1° gennaio 2024. Per i periodi d’imposta precedenti, continuano a valere i criteri previsti dal precedente articolo 2 del TUIR.

Conclusioni

Le modifiche alla normativa sulla residenza fiscale sono state introdotte per rispondere alle esigenze di una forza lavoro sempre più mobile e internazionale, chiarendo il trattamento fiscale dei lavoratori in smart working. Comprendere questi nuovi criteri è fondamentale per evitare problemi fiscali e garantire la corretta dichiarazione dei redditi. Sia le aziende sia i lavoratori dovrebbero consultare consulenti fiscali qualificati per una gestione precisa e conforme degli obblighi fiscali, soprattutto in situazioni che coinvolgono più giurisdizioni.

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